Il caso dell’espulsione del consigliere comunale sardo Gianluigi Piras (Pd) è un interessante spunto di riflessione. Vediamo cosa è
successo: Yelena Isinbayeva, atleta russa e campionessa olimpica di salto con
l’asta, ha reagito in malo modo alla provocazione di un’atleta inglese, che
aveva usato per le unghie uno smalto con i colori dell’arcobaleno, in segno di
protesta verso le leggi anti-gay emanate da Putin. Protesta legittima (a mio
parere). La Isinbayeva ha reagito così: “Noi russi siamo normali i ragazzi con le donne e le ragazze con gli uomini. Rispettate
le nostre leggi”. Uhm. Bleah. Brutta cosa. Ha poi aggiunto (facendo parzialmente
retromarcia): “L’inglese non è la mia prima lingua e penso che io sia stata
fraintesa quando ho parlato ieri. Quello che volevo dire era che la gente
dovrebbe rispettare le leggi di altri paesi, in particolare quando sono ospiti.
Ma vorrei che fosse chiaro che io rispetto le opinioni degli altri atleti e
voglio dire in termini decisi che sono contraria a qualsiasi discriminazione
nei confronti delle persone omosessuali sulla base della loro sessualità”. Non
ha certo recuperato la figuraccia, ma si può lasciar perdere. Specialmente se a
dirlo è stata (senza offesa) solo un’atleta. Casomai mettiamoci a parlare di
Putin, che questa legge l’ha fatta, ma lasciamo stare un’atleta che non ha
fatto altro che un’uscita infelice. Non sembra dello stesso parere il
consigliere piddino Piras, che sente irrefrenabilmente il bisogno di commentare
(nel peggiore dei modi). Dal suo profilo Facebook: “Isinbayeva, per me possono
anche prenderti e stuprarti in piazza. Poi magari ci ripenso. Magari mi
fraintendono”. Ma non perdi proprio occasione per chiudere la bocca, Piras? La
figura di merda diventa uno scandalo, ed il Pd è costretto all’espulsione
(sacrosanta) del consigliere sardo, che passa il suo tempo recitando un mea
culpa dopo l’altro. Se te ne stavi zitto era meglio.
Vorrei fare un parallelismo con un altro caso, ora. Dolores
Valandro (Lega Nord), consigliere di quartiere a Padova, aveva reagito in modo
simile nei confronti del ministro Kyenge, dopo che la ministra oculista
dell’integrazione aveva sparato quelle che onestamente vedo come sciocchezze a
ripetizione sullo Ius Soli. E sono a favore dell’integrazione, vorrei
sottolinearlo, perché è importante. Solo non reputo la Kyenge una persona né
competente né seria, che si è fin dall’inizio adeguata al lifestyle del
politicante italico (vedi episodio scorta a sirene spiegate). Ma vediamo, per
chi se lo fosse perso, cosa ha scritto questa leghista da quattro soldi nel suo
profilo Facebook sul ministro Kyenge: “Ma mai nessuno che la stupri così tanto
per capire cosa può provare la vittima di questo efferato reato? (Il tema era
un reato commesso da un immigrato, ndr) Vergogna!” Orrende parole. Senza ombra
di dubbio. Infatti, la Valandro viene espulsa, con una scia di sdegno che parte
da Letta ed arriva fino alla Boldrini: “inaccettabili parole, intrise di razzismo e di
odio”.
Posso chiedere una cosa, al netto di ogni
preconcetto? Che differenza c’è tra le espressioni usate da Piras e dalla
Valandro? Io non ne vedo alcuna. Violente, entrambe. Folli, ambedue. Tutte e
due si auguravano che una donna venisse stuprata. Allora posso chiedere perché
le parole della Valandro sono considerate razziste e quelle di Piras no?
Semplice, perché la Kyenge è nera, e la Isinbayeva è bianca.
Questo è un classico esempio di doppiopesismo mediatico
(tipicamente italico). Quando un personaggio di colore viene offeso, provocato
o deriso, a prescindere della natura di queste offese, si parla di razzismo. Un
esempio più spicciolo? Mario Balotelli. Balotelli è criticato perché è grullo (come
si dice qui a Firenze) non perché è nero. La gente lo provoca perché sa che poi
lui reagisce (essendo grullo). E lui continua ad accettare le provocazioni
(essendo grullo) perché sa che tanto poi la stampa (almeno in buona parte) dirà
che gli vengono rivolte “accuse razziste” e quindi la farà franca. Il grullo!
Seedorf mi sembra che sia nero quanto Balotelli, ma non viene fischiato e
provocato: come mai? Eccola qui la grande ipocrisia che affligge ogni dibattito
sul ministro Kyenge: il colore della pelle influisce molto di più di quello che
dice o che fa. Non puoi criticare la Kyenge in Italia senza che qualcuno ti dia
del “razzista che incita all’odio”. L’articolo ormai famoso di Sartori sul
Corriere della Sera ne è un chiaro esempio. Dare del razzista a Sartori mi sembra davvero assurdo, e come se non bastasse, il giornalista del Corriere ha ragione: la Kyenge di immigrazione non capisce
una mazza, e questa è una pura constatazione, non razzismo. Calderoli, con il
suo indimenticabile “Sembra un orango”: quello sì, che è razzismo. Ma Calderoli
è ancora in Parlamento. Curioso, vero?
Comunque, tanto per mettere i puntini sulle i, Calderoli
deve andarsene dal Parlamento, non solo per gli insulti razzisti, ma per tutte
le porcate e le figuracce internazionali che ci ha regalato negli anni. I post
su Facebook da parte di persone che ricoprono incarichi pubblici come quelli di
Piras e la Valandro sono inaccettabili. Qui la questione è unicamente il
classico giochino illusionistico delle parole: Piras incita allo stupro,
esattamente come la Valandro. Usiamo le parole appropriate: questa si chiama
incitazione alla violenza. Il razzismo, per favore, lasciamolo stare.
Finora gli incriticabili erano due: il Papa, in quanto il Papa non lo si può criticare punto e basta, e Napolitano, in quanto lanciatore di moniti serissimi davanti ai quali dobbiamo solo serissimamente scappellarsi pena il reato di lesa maestà. Adesso anche la Kyenge rischia di salire sul podio dei celesti intoccabili perché, in quanto ministra nera, è incriticabile, pena il macchiarsi del reato di razzismo (ma che c'entra?!). Il povero (si fa per dire) Balotelli invece non appartiene alla casta degli intoccabili e di lui si può pertanto tranquillamente dire (e ridire! evviva!) ciò che è senza incorrere in quella infamante accusa (d'altronde, tra i bianchi del pallone, non mancano certo quelli ... come lui!).
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