Questa è una riflessione dedicata a tutti quegli idioti che
quando cominci a parlare di “tagli dei costi della politica”, “eliminazione del
finanziamento pubblico ai partiti”, etc. ti rispondono che sei un “populista” e
che la demagogia può anche andar bene in “campagna elettorale”, ma all’atto di
dover governare il paese, è meglio lasciarla stare, che questo non è il modo di
trovare fondi e coperture finanziarie. Ecco, invece, la simpatica storiella che
ha portato all’attenzione Roberto Fico (M5S) sul “costo” di una candidatura nel
Pd, mi ha fatto pensare che è esattamente il contrario di quello che sostengono queste persone.

Che cosa ha detto Fico? Ha detto che, pochi lo sanno, per
candidarsi nel Pd per le elezioni occorre versare una quota minima di 25.000
euro al partito. Uhm. In effetti, chi ne aveva sentito parlare? Io no,
onestamente. Si sa che i parlamentari (quindi solo chi viene eletto) versano una
parte del proprio stipendio nelle casse del partito, ma che addirittura al momento della candidatura si debba versare una così ingente somma di denaro, mi suonava
nuovo. O almeno mi sembrava strano che la cifra potesse essere così elevata. Io non sono abituato a vedere neanche lontanamente queste cifre, mi domando uno che può cacciare tutti questi soldi così, a babbo morto, quanto possa essere "vicino" alle condizioni degli italiani che lavorano.
Incredibile però trovare conferma di queste parole di
Roberto Fico proprio tra le file del Pd, precisamente nel tweet di Pippo
Civati:
A questo punto non ci ho visto più. Ma vi rendete conto
quanti soldi entrano costantemente nelle casse di un partito come il Pd, o come
il suo gemello, il Pdl? Quante centinaia di persone si candidano ad ogni
elezione per il Pd? Facciamo due conti in tasca al Partito Disastro: alle
scorse elezioni politiche di febbraio, 922 persone si sono candidate nelle
liste del Pd. Questo esercito piddino ha versato, siamo clementi, diciamo la
cifra “minima” che richiede il partito: 25.000 euro a testa (alla faccia della
colletta!!!). Dunque, calcolatrice alla mano, il Pd ha incassato, solo con le “quote”
dei candidati alle elezioni, qualcosa come 23 milioni di euro. La cifra,
francamente, mi ha fatto impallidire. Specialmente pensando che le donazioni
volontarie dei sostenitori di un Movimento come quello fondato da Beppe Grillo (che ha preso gli stessi voti del Pd) hanno toccato quota 774 mila euro, di cui solo 350 mila euro sono stati spesi
per la campagna elettorale, mentre la rimanenza è stata donata al comune
terremotato di Mirandola. E poi rompono i coglioni a Grillo per i soldi della
campagna elettorale e della pubblicità sul blog (spiccioli, chiunque gestisca
un blog lo sa).
Ma continuiamo a fare due conti in tasca al Pd. I parlamentari,
una volta eletti, devono versare una parte del proprio stipendio al partito.
Allo Stato? No, che idiozia! Non sono mica dei populisti come i grillini, che
restituiscono quasi mezzo stipendio allo Stato. “Anche noi ci riduciamo lo
stipendio, i soldi li diamo al partito”, come disse un acuto e geniale Epifani
a suo tempo. La somma che i parlamentari piddini devono dare ogni mese al
partito si aggira tra i 3.500 e i 4.500 euro. Anche qui siamo buoni, e contiamo
3.500 euro al mese. Che moltiplicato per 400 (il totale degli eletti nel Pd),
ci dà un totale di circa un milione e mezzo di euro al mese. Ma non è finita
qui, perché ci sono anche i soldi che derivano dai famigerati “rimborsi
elettorali” conosciuti (dopo la mezzanotte lungo i viali delle Cascine) come “finanziamento
pubblico ai partiti” (abolito con un referendum nel 1992, ma, citando Masini, “Chi
se ne frega”). Il finanziamento pubblico per il Pd, questa legislatura, ammonta
a circa 45 milioni di euro.
Ma tiriamo ora una bella linea e rendiamoci conto della
bottom line di questa paradossale somma di denaro: a conti fatti, tra quote di
candidatura, versamenti dello stipendio e rimborsi elettorali, al Pd entrano,
solo per questa legislatura, qualcosa che si aggira intorno agli 80 milioni di
euro. Senza contare tutti i versamenti dagli stipendi dei parlamentari di qui a
fine legislatura, dopodiché, parte un altro giro di giostra.
Ora, a questo punto le domande sono molte, tralasciando
quelle che sono a questo punto scandalose e patetiche insinuazioni sui
finanziamenti al MoVimento 5 Stelle: quanti cazzo di soldi vogliono ancora
questi partiti? E a cosa servono? Dove vanno a finire questi soldi? Chi ci
rimette, e chi ci guadagna? Perché nessun giornale, presumibilmente “libero”,
si occupa di questo pantagruelico gioco di soldi? Oggi mi sono occupato del
giro di quattrini che sta intorno al Pd, ma ricordiamoci che ci sono altre
forze politiche, dal Pdl alla Lega a Monti a Sel, che si comportano in modo
simile, se non identico. A questo punto, chi non è debole di cuore potrebbe
domandarsi a quanto ammonta questo immane spreco di denaro. Ma, mi raccomando
per la vostra salute, non fatelo: ci vuole fegato.